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In un mondo che sta diventando sempre più tecnologico, automatizzato e competitivo, il valore dell’essere umano risulta avere una considerevole importanza.
La competizione non si attua soltanto nell’ambito economico, caratteristica distintiva dei mercati, ma in tutti i settori della società contemporanea, consolidando un determinato comportamento che mira a metterci, continuamente, in competizione con gli altri. Sembra che sia diventato essenziale dimostrare a sé stessi, e in particolare agli altri, di essere migliori, con la convinzione “Io sono meglio di te”, tale convinzione provoca tutta una serie di comportamenti lesivi sia verso gli altri che verso sé stessi.
La competizione sul posto di lavoro è un comportamento molto diffuso; quando essa è sana e non esagerata può portare le persone a migliorare sé stessi, ma spesso viene inquinata dalla volontà di dovere a tutti i costi dimostrare di valere molto di più degli altri, per far questo si cerca di schiacciare il prossimo.
Questo cosa porta nelle Organizzazioni? A lotte, scontri continui, rivalità e distanze.
Una strategia vincente per la valorizzazione delle persone è passare dalla competizione alla collaborazione, dal distacco all’empatia.
A questo punto sorge spontanea una domanda: è possibile conciliare il profitto aziendale e i valori personali in un mondo fortemente competitivo costituito da lupi ed avvoltoi?
La risposta è Sì, il momento è arrivato, ed è quello di conciliare i due mondi, apparentemente distanti, la cura della persona con gli utili aziendali. Questo è possibile solo se i Leaders riescono a trasformare l’azienda in un luogo di crescita consapevole per sé stessi e per i collaboratori.
Se consideriamo che la Leadership non è una posizione stabilita da un organigramma, il Leader non è solo colui che ricopre una posizione di comando, che ha ricevuto il potere di decidere e dirigere, ma è colui che gli altri guardano per conoscere la strada, che guida, sostiene e incoraggia a tirare fuori il meglio di sé stessi.
Per essere Leader bisogna, soprattutto, sviluppare le qualità interiori, esprimere il meglio di sé, non essere perfetto, ma essere l’esempio perfetto (di quello che si dice), non limitandosi a dare istruzioni, ma, per primo, mettere in pratica quando si dice.
Essere Leader è cosa diversa dal fare il Leader, essere Leader è un modo di vivere.
Quale nuovo stile di Leadership può svilupparsi per affrontare la complessità del III millennio?
A mio avviso è la Leadership gentile. Si tratta di una Leadership illuminata e consapevole, dove la forza della gentilezza, permette di ridisegnare il futuro per ottenere un cambiamento etico e sociale.
La gentilezza non è sinonimo di debolezza e remissività; una Leadership gentile contribuisce a promuovere l’attenzione e il rispetto verso i collaboratori; permette di portare nella conversazione le emozioni, gli stati d’animo, le richieste, ma anche le frustrazioni e le delusioni, con empatia e condivisione, questo fa ricordare che davanti al Leader c’è sempre un altro Essere umano.
La leadership gentile si contrappone alla leadership verticale dove il leader controlla o comanda, essa è di tipo orizzontale: favorisce la cultura condivisa, distribuita e aperta in cui vi è il riconoscimento della responsabilità/autorità delle persone; dove la creazione e la promozione di una cultura del rispetto, diventa il punto di partenza per un cambiamento significativo e trasformativo che va verso l’inclusione.
La Leadership gentile è una leadership basata sui valori, dove il Leader è appassionato dell’Essere umano, lavora per sviluppare, prima di tutto le Persone e solo dopo i processi, gli strumenti, le cose; egli è un agente di cambiamento, che aiuta i collaboratori a considerare la gentilezza come una vera e propria risorsa.
Alla base di una leadership gentile vi è la creazione, la formazione e il mantenimento di un vero team di collaboratori, con il quale creare un clima di affiatamento, trasparenza, rispetto ed empatia. In quanto persona illuminata modula opportunamente il suo stile di comunicazione e accetta di decentrare parte del suo controllo in periferia, ai team di lavoro, dove è utile creare per loro, spazi di manovra opportuni per esercitare la propria leadership, per permettere alla creatività di liberarsi nel risolvere i problemi.
Questo è utile sia per i leaders che per i team per mettere in moto importanti cambiamenti. Un clima di affiatamento, di collaborazione e confronto è il risultato di una leadership gentile, certa degli obiettivi che vuole raggiungere e sempre pronta a valorizzare l’impresa e le persone.
Quanto più il leader vive e sente la gentilezza, la cultura del rispetto, tanto più facilmente riuscirà a trasmettere la gentilezza ai propri collaboratori nella realizzazione della Vision e della Mission aziendale, generando così nelle persone entusiasmo, senso di appartenenza ed evitando di cadere nella spirale della routine, della de-responsabilizzazione, della burocrazia, del disinteresse e disimpegno emotivo. Elemento essenziale è concretizzare la gentilezza, in modo da rafforzare la cultura del rispetto e dei valori d’impresa.
Il leader gentile promuove l’empowerment del team comunicando in maniera rispettosa ed onesta, motivandolo a non mollare quando le cose non vanno bene e incoraggiandolo ad accettare nuove sfide. Mostra un’elevata intelligenza emotiva, utile a gestire le relazioni interpersonali, rispetta gli altri.
Il rispetto è qualcosa che tutti meritano, che il collaboratore abbia pochi o tanti anni di esperienza professionale, è importante trattare tutti come uguali a prescindere dal ruolo. Mostrare rispetto agli altri contribuisce a creare una sana dinamica di squadra basata sul rispetto reciproco, questo è un elemento essenziale della leadership gentile.
Sa ascoltare inoltre il punto di vista dell’altro, anche se non lo condivide, ma è aperto al confronto valorizzando le diversità; mostra apprezzamento per un lavoro ben fatto; dà priorità sia alla crescita personale che professionale, così da condurre al raggiungimento del successo, parte importante nell’avanzamento di carriera.
Il leader gentile si assume la responsabilità quando le cose non vanno come previsto, senza cercare un capro espiatorio all’interno del team. Assumersi le proprie responsabilità significa essere consapevole che le cose potevano andare meglio e lavorare con il proprio team per risolverle; in tal modo si genera una mentalità di crescita che può aiutare sia il leader che il team ad apprendere dagli errori.
Se un leader agisce in modo poco sincero o manipolativo, il radar emozionale dei suoi collaboratori registrerà una nota di falsità ed essi istintivamente saranno portati a negargli la fiducia. L’arte di gestire bene le relazioni affonda le radici nella sincerità, nell’azione dettata da sentimenti autentici e gentili.
Il Leader gentile, pratica la gioia, emozione potente e trasformativa, che contribuisce a creare ambienti di benessere, generando benessere organizzativo, e fortificando i legami: essenziale per costruire relazioni assertive. Ma per arrivare alla gioia il Leader deve dare il meglio di sé, deve saper resistere anche quando è difficile, deve essere onesto con sé stesso e con i collaboratori; essere tenace, nei momenti difficili: è importante vedere anche nella sconfitta una chance, un’opportunità.
Il Leader per vivere esperienze straordinarie deve iniziare a pensare, immaginare, credere in modo straordinario, cambiando il suo “stato” portandolo ad essere in “gratitudine”.
Esprimere gratitudine sul posto di lavoro è un’azione proattiva per costruire team efficaci ed innescare la collaborazione e la partecipazione. I collaboratori che sono guidati da Leaders grati, si eserciteranno ad essere grati sul lavoro, saranno più efficienti, più produttivi e responsabili, saranno più propensi a fare un passo in più per portare a termine i loro compiti e lavoreranno volentieri come parte del team. Solo così si ha una maggiore coesione di gruppo e una migliore produttività.
La gratitudine rende un Leader compassionevole, premuroso, empatico e amato dagli altri.
È importante anche mettere in luce che in qualsiasi ambiente organizzativo tutto è interconnesso e interagisce; ogni persona fa parte di un sistema le cui componenti sono interconnesse e comunicano tra di loro. La dimensione umana del sistema è valorizzata nella sua essenza, nel suo essere, quando gli individui non vengono più considerate “Risorse Umane”, ma PERSONE.
Considerato che il peggior nemico della nostra evoluzione è la paura, la Leadership gentile richiede che il Leader impari a gestire con leggerezza.
Ma cosa vuol dire gestire con leggerezza?
Significa realizzare il raggiungimento degli obiettivi lasciandosi guidare dalla mente creativa e non dalla mente ordinaria. La mente egoica è quella ordinaria e condizionata, che predilige il controllo, il controllo sulle persone attraverso la paura e la sottomissione; questa mente non è capace di realizzare gli obiettivi ed affrontare gli attuali cambiamenti, osservandoli con occhi nuovi.
La mente creativa è già dentro di noi, per trovarla dobbiamo fare spazio mentale attraverso il giusto passaggio che non è quello della paura, dei pregiudizi, del controllo, delle minacce e delle convinzioni limitanti, ma quello dell’amore. Solo l’amore può generare quelle skills che portano il Leader ad essere gentile, illuminato, grato, assertivo, fiducioso, resiliente, consapevole, proattivo, flessibile, con vocazione all’apprendimento, responsabile, con senso di appartenenza al gruppo e a lavorare con etica ed integrità, avendo una visione consapevole e mettendosi al servizio dell’Umanità.
Per accedere alla mente creativa occorre affrontare le difficoltà utilizzando tre importanti chiavi di accesso: la Fiducia, il Coraggio, una Nuova Visione.
Quindi se si vuole una mente che guidi il Leader a raggiungere gli obiettivi e ad affrontare gli attuali cambiamenti, occorre lavorare sul come cambiarla, per ottenere una mente creativa che non ha bisogno di controllo, ma che sia capace di avere fiducia, empatia ed includere l’amore.
Mi piace concludere questa breve riflessione sulla Leadership gentile con due citazioni di due Leaders illuminati. Brunello Cucinelli “Vorrei abbellire l’umanità, questa è sempre stato il sogno della mia vita”; Beatrice Venezi, Maestro e Direttore di Orchestra, “Dall’ascolto parte tutto, ci si presenta davanti alle persone non come direttore di orchestra, ma con la propria umanità”.
Da queste citazioni emerge l’importanza di valorizzare l’Umanità, ed è questa valorizzazione che ci conduce ad amare le persone ed usare le cose e non amare le cose ed usare le persone.
Cettina Mazzamuto